Cosa Intendiamo per attacco di panico?

L’attacco di panico è comunemente definito come una manifestazione d’ansia molto intensa, breve e transitoria, che avviene in un periodo ben delimitato e preciso.
Sono generalmente episodi imprevedibili e l’ansia è talmente intensa da lasciare l’individuo, una volta terminato l’attacco, in una condizione di profondo sfinimento e assenza di energie.
I sintomi che caratterizzano l’attacco di panico sono:
Dispnea, palpitazioni, nausea ,dolori al petto, sensazioni di soffocamento e asfissia, sudorazione e tremori.
Intensa apprensione, terrore e sensazione di disastro incombente.
Depersonalizzazione e derealizzazione.
L’attacco sopraggiunge improvviso e raggiunge rapidamente l’apice (di solito in 10 minuti o meno), ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo o di catastrofe imminente e da urgenza di allontanarsi; il soggetto avverte un forte senso di terrore accompagnato dalla paura di morire e/o impazzire. La sintomatologia che si manifesta nel corso dell’attacco regredisce spontaneamente in breve tempo .
A tutti noi succede di sentirsi in ansia. L’ansia ha un ruolo importante per la conservazione della specie; funge da campanello d’allarme che ci avverte quando stiamo correndo dei rischi o quando la nostra incolumità è messa a repentaglio da un fattore presente nell’ambiente.
L’ansia deriva da un meccanismo fisiologico assolutamente normale che i nostri antenati utilizzavano per affrontare una situazione di minaccia, chiamato risposta di attacco-fuga.
In tale meccanismo vi è una rapidissima attivazione di tutte le funzioni neurovegetative.
Questi cambiamenti sono la conseguenza del rilascio nel sangue di adrenalina, che attiva parte del Sistema Nervoso Autonomo e sono funzionali alla risoluzione della situazione di minaccia.
L’attacco di panico si ha quando una persona diventa, in poco tempo, molto spaventata e molto a disagio in una situazione nella quale la maggior parte delle persone non proverebbe terrore .
Chi ha un attacco cerca di allontanarsi dalla situazione in cui si trova nella speranza che tale sensazione cessi, oppure cerca qualcuno che possa aiutarlo.
Alcuni preferiscono invece rimanere soli perché temono per le conseguenze che l’attacco di panico potrebbe avere su di lui (si preoccupano che il panico possa indurle a dire o fare cose sconvenienti) o temono una valutazione negativa da parte degli altri (ad esempio temono gli altri possano considerarli pazzi).
Spesso la persona che sperimenta un attacco di panico vive la cosa con un forte imbarazzo ed è possibile che nasconda la cosa anche alle persone più care e che tema di essere giudicata come persona “debole” e “strana”.
Fattori scatenanti
Prima dell’insorgere dell’attacco di panico possono verificarsi nella vita della persona degli eventi e/o situazioni particolarmente stressanti e che implicano un cambiamento nello stile di vita del soggetto. Ad esempio:
Fattori stressanti psicologici: disaccordo col coniuge o i parenti, morte o malattia di un familiare, problemi sentimentali, problemi finanziari o pressioni sul lavoro.
Fattori stressanti fisici: malattie fisiche, esaurimento da troppo lavoro, mancanza di sonno.
Cos’è l’agorafobia?
Gli attacchi di panico possono essere associati alla presenza di agorafobia. Per agorafobia: intendiamo l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nelle quali possa essere difficile essere soccorsi nel caso sopraggiunga un attacco di panico (G.Andrews et al; 2003).
Spesso, in seguito all’attacco di panico, la persona sviluppa una serie di comportamenti detti di “evitamento”. Per evitamento intendiamo la tendenza da parte dell’individuo ad evitare tutta una serie di situazioni o luoghi che sono stati precedentemente associati all’episodio dell’attacco di panico.
Col trascorrere del tempo è possibile che la varietà di situazioni o luoghi che il soggetto evita aumenti secondo il processo chiamato di “generalizzazione”.
Il processo di generalizzazione spinge l’individuo a percepire come pericolosi anche luoghi e situazioni che in precedenza non venivano associati all’esperienza del panico compromettendo quindi in maniera significativa l’autonomia della persona.
Alla base dello sviluppo dell’evitamento sono implicati quattro processi cognitivi:
- La persona sovrastima la possibilità di avere un attacco di panico;
2: La persona matura aspettative di esito negativo nei confronti di alcune situazioni (in particolare conseguenze sociali negative);
3: La persona è convinta che esista un legame tra una determinata situazione e la probabilità che si sviluppi un attacco di panico;
4: La persona è convinta di non poter tollerare la paura indotta dall’attacco.
L’attenzione di queste persone è fortemente orientata a cogliere qualsiasi elemento di minaccia proveniente dall’ambiente esterno o dai propri stati interni (somatici).
L’ansia e l’iperventilazione associata, producono sensazioni corporee che di nuovo vengono interpretate in maniera minacciosa.
La persona sviluppa quindi un’ansia anticipatoria relativa alla possibilità di sviluppare ancora attacchi in futuro (Beck, 1988; Clark, 1988).
Il circolo vizioso del panico contiene tre elementi di base: sensazioni corporee, pensieri negativi riguardo alle sensazioni stesse e reazioni emotive;
questi elementi sono collegati tra loro in una particolare sequenza, che può iniziare con uno qualsiasi di essi, ma che segue lo stesso ordine circolare: sensazione – pensiero – emozione – sensazione – pensiero – emozione.
Il circolo vizioso si conclude con l’erronea interpretazione delle sensazioni fisiche associate all’ansia (A.Wells, 1999).
Per iperventilazione si intende un aumento del ritmo e della profondità del respiro che provoca una ventilazione superiore a quella necessaria per soddisfare i bisogni dell’organismo.
Ciò determina: vasocostrizione arteriosa, aumento dell’eccitabilità neuronale, riduzione della capacità dell’ossigeno di passare dal sangue alle cellule dei tessuti.
Questi cambiamenti fisiologici determinano una serie di sintomi fisici quali:
- Vertigini
- Confusione
- Disorientamento
- Sensazione di testa leggera
- Parestesie
Le persone con attacchi di panico interpretano come minacce sia le informazioni provenienti dall’esterno sia gli stimoli somatici interni.
Le persone che ne soffrono riferiscono di avere paura di perdere il controllo; pensano di non avere il controllo sulle loro sensazioni fisiche e che ne saranno sopraffatti.
Ad esempio:
Palpitazioni, dolore al torace ? “Potrei avere un attacco cardiaco”
Senso di irrealtà ? “Potrei perdere il controllo”; “Potrei impazzire”
Mancanza d’aria ?”Potrei soffocare”
La terapia Cognitivo Comportamentale offre alla persona diversi strumenti utili a gestire le situazioni critiche ed a superare efficacemente le conseguenze che il panico ha avuto nelle nostre vite. La terapia in questi casi prevede sia l’utilizzo di tecniche comportamentali (la respirazione diaframmatica, il training di rilassamento di Jacobson, il confronto graduale con le situazioni temute) sia tecniche atte a modificare il modo in cui il paziente interpreta gli eventi (ristrutturazione cognitiva) in maniera che egli possa maturare la capacità di valutare certi eventi e situazioni in maniera alternativa.
L’esperienza degli attacchi di panico è sicuramente qualcosa di spiacevole e doloroso ma può però offrirci la possibilità di sciogliere dei nostri “nodi” interni che fin’ora erano rimasti silenti.
Spesso nella vita sono proprio gli eventi dolorosi che ci consentono di comprendere che dobbiamo mettere in discussione degli aspetti del nostro mondo interiore ed attuare dei cambiamenti.
Possiamo infatti considerare l’attacco di panico come un “campanello dall’allarme” che ci avverte che non stiamo andando nella giusta direzione; può quindi offrirci l’opportunità di mettere in discussione alcuni modi di pensare, di interpretare e sentire le diverse situazioni che caratterizzano la nostra esistenza.